Donne, vita e libertà di movimento

Maysoon e Marjan libere

Maysoon Majidi e Marjan Jalali sono due donne iraniane detenute in Calabria con accuse di scafismo/traffico di esseri umani. Le loro storie si intrecciano mettendo in luce la brutalità e l'assurdità delle leggi e delle pratiche che criminalizzano la libertà di movimento, e che ogni anno portano all'incarcerazione di migliaia di persone che raggiungono l'Europa via mare e via terra. In questo episodio dialoghiamo con persone e gruppi che da mesi lottano per la liberazione di Marjan e Maysoon, così come per più ampie forme di liberazione trasfemministe e anti-razziste. Discutiamo l'importanza dell'intersezionalità di queste lotte, e dell'abrogazione delle leggi che costruiscono l3 cosiddett3 scafist3 come colpevoli della violenza di frontiera e delle morti in mare, mentre assolvono le autorità europee dalle loro responsabilità.


Estratti Audio:

Thristy Flight, cortometraggio di Maysoon Majidi e Edris Abdi


Partecipano:

Delfina, Gemma, Sara (Comitato Free Maysoon)

Lucia (Comitato Free Marjan)

Pegah (interprete, e attivista per i diritti digitali)

Gulala (attivista e scrittrice curda)

Silvia (Mem.Med Memoria Mediterranea)

Deanna (Captain Support e FAC research)


Prossimi appuntamenti:

  • 11 settembre: Catanzaro

  • 16 settembre: Palermo (Maldusa)

  • 19 settembre: Marsiglia


Prossime udienze:

  • 18 settembre (Maysoon): appuntamento: h.12 Tribunale di Crotone

  • 1 ottobre - tribunale di Crotone

  • 22 ottobre - tribunale di Crotone

  • 5 novembre - tribunale di Crotone

  • 17 ottobre - tribunale del riesame a Catanzaro

  • 26 ottobre (Marjan)


Comunicati Stampa:

https://www.meltingpot.org/2024/08/maysoon-majidi-resta-in-cella-la-prossima-udienza-mercoledi-18-settembre/

https://www.meltingpot.org/2024/06/la-prima-udienza-del-processo-a-marjan-jamali/


Maggiori informazioni:

https://www.meltingpot.org/2024/06/la-prima-udienza-del-processo-a-marjan-jamali/

https://www.youtube.com/watch?v=9VxOXOxqxc4

https://openmigration.org/analisi/capitane-le-storie-tragiche-di-maysoon-majidi-e-marijan-jamail/

https://www.ondarossa.info/redazionali/2024/06/free-marjan-jamali 


Approfondimenti

https://www.facebook.com/freemaysoonmajidi/

https://memoriamediterranea.org/en/
https://captainsupport.net/
https://feministresearch.org/podcasts/
https://dal-mare-al-carcere.info/

TRASCRIZIONE EPISODIO

Deanna (Captain Support):

Stiamo ascoltando un estratto del cortometraggo Thirsty Flight, girato dalla regista femminista, iraniana curda, Maysoon Majidi ed Edris Abdi. Nella scena che stiamo ascoltando, Maysoon Majidi e un gruppo di bambine dipingono le mura di una casa, probabilmente un rifugio, con le loro mani colorate di blu. Il cortometraggio ritrae Soran, un ragazzo che lavora come contrabbandiere al confine tra il kurdistan irakheno e il kurdistan iraniano.

Nel cortometraggio, Soran racconta la storia della sorella, bruciata viva per non essere arrivata vergine al matrimonio. In questo estratto sentiamo Soran che dice in Farsi, molte dei miei amici sono in prigione in questo momento, ma io ho giurato di emigrare. Maysoon Majidi, regista, appare mentre balla su un palco, simulando il volo di un uccello. Un volo di fuga, un volo di speranza.

Dal 31 dicembre 2023 però, Maysoon è in carcere a Reggio Calabria, accusata di essere una contrabbandiera, trafficante, scafista per aver cercato di raggiungere l'Italia nel suo volo di fuga e di speranza. In parallelo, Marjan Jalali, anche lei, donna iraniana in fuga, si trova agli arresti domiciliari dopo essere stata arrestata nell 'ottobre 2023 con le stesse accuse.


Silvia (Mem.Med):

Marjan, appunto, ora si trova agli arresti domiciliari a Camini insieme a suo figlio, mentre Maysoon, dopo un periodo di detenzione nel carcere di Castrovillari, si trova ora nel carcere di Reggio Calabria ed è il tribunale di Crotone che sta portando avanti il processo, mentre per Marjan si tratta del tribunale di Locri. Quindi due casi che, sono stati anche visti parallelamente proprio perché capitati quasi contemporaneamente a distanza di poco tempo e che vedono due persone colpite dallo stesso reato secondo la normativa italiana che è importante ricordare colpisce tante altre persone, uomini e donne in altre parti anche d 'Italia che ad oggi sono recluse e si trovano in detenzione proprio con queste accuse.


Deanna (Captain Support):

Oggi ci siamo trovati qua in questa costellazione perché volevamo portare insieme diverse esperienze e diverse prospettive sulla criminalizzazione di Marjan, di Maysoon e anche di altre persone che in questo momento, come diceva Silvia, si trovano in carcere per aver aiutato altre persone ad attraversare un confine o per essere state accusate di averlo fatto.


Silvia (Mem.Med):

Vorremmo subito ringraziare le persone che sono qui con noi che animeranno questo dibattito. Tra le persone, le tante persone che per prime da diversi luoghi e molto intensamente si sono mobilitate per sostenere la causa rivendicata dalle protagoniste di queste vicende, Maysoon Majidi e Marjan Jamali, la causa per la loro liberazione. Una liberazione che appunto concepiamo in forma estesa e che riguarda tutte le persone che sono private della libertà con le stesse accuse. Quindi dialogheremo con loro a partire dalla ricostruzione delle vicende più strettamente giudiziarie che vedono coinvolte le due donne iraniane per poter poi approfondire anche quelle che sono le questioni attive che toccano in primis le biografie e le pratiche di vita di Maysoon e di Marjan, quindi quelle per la rivendicazione dei diritti delle donne, le lotte femministe, trans-femministe, contro il reato di scafismo, in generale contro la criminalizzazione delle persone in movimento, e per verità e giustizia contro i reali criminali, i reali responsabili delle stragi in mare e delle morti di frontiera. Quindi ringraziamo Gemma, Delfina e Sara del comitato Free Maysoon; Lucia del comitato Free Marjan, la scrittrice e attivista iraniana Pegah, e l'attivista e scrittrice curda Gulala. Noi siamo Silvia di Mem.med, Memoria Mediterranea; Deanna di Captain Support e del Feminist Autonomous Center for Research.


Silvia (Mem.Med):

Maysoon in quest 'ultimo periodo ha scritto una lettera, ha scritto un testo in cui racconta la sua storia. Più volte abbiamo rimarcato come la sua voce continua ad essere forte nonostante in qualche modo si cerchi di interromperla, di bloccarla. E quindi è molto importante che oggi sia stata fatta una traduzione di questo testo grazie a Gulala e ad altre compagne che hanno lavorato perché le parole di Maysoon potessero arrivare anche alle altre persone che vivono in Italia e che non capiscono la sua lingua e quindi ci piacerebbe ascoltarle se Gulala vuole leggerci qualcosa.


Gulala (attivista e scrittrice curda):

Ci sono state consegnate queste 18 -19 pagine da tradurre e queste pagine sono scritte da Maysoon direttamente a mano e in persiano. Poi anche questa volta Maysoon mi ha detto che ha bisogno di un buon interprete e di una buona traduzione di questo testo, di questa memoria che racconta quello che ha vissuto, quello che ha subito durante il viaggio prima del carcere. Infatti diceva "se io ho un buon interprete e ho la traduzione di queste 18 pagine, io sono in grado di difendere me stessa". Quindi lei ci ha chiesto proprio aiuto, ha chiesto a tutti noi l'aiuto e io come anche l 'altra volta l'ho assicurata. Ho detto: "Maysoon tu sei in carcere ma devi sapere che fuori dal carcere ci sono tante persone, tante associazioni, organizzazioni che hanno preso cuore il tuo caso e si sono impegnati per chiedere le libertà per te, per questo devi stare tranquilla, serena che non sei sola, ci sono tante persone con te e vogliono difenderti. Magari ogni tanto vedo un sorriso sulla faccia di Maysoon quando le parlo, quando le dico delle cose, si vede la tristezza e il malessere, però cerca comunque di sorridere quando sente qualche parola di appoggio, che lei non è da sola, che ci sono tanti adesso per lei e chiedono giustizia e libertà per lei.


Lettura del testo di Maysoon (Gulala):


La sera del 1 gennaio 2024 sono stata trasferita alle prigioni di Castrovillari. Durante l'ispezione corporale hanno visto il mio corpo in gravi condizioni e i miei vestiti macchiati di sangue. Tuttavia, ridevano di me mentre mi sedevo. Ho fatto la doccia in prigione e ho lavato i vestiti che erano nella busta.

Il 3 gennaio 2024 in tribunale mi hanno posto solo tre domande. Come mi chiamo? Quanti anni ho? Quanti anni ho studiato?

Ho raccontato di nuovo tutto al traduttore ma lui ha detto solo una o due brevi frasi in italiano e poi si è rivolto a me e ha detto se parli ti trattengono. Domani sei libera te ne vai quindi stai zitta. Passò un mese e non ci furono notizie del mio rilascio né da parte di mio fratello né dall'avvocato

Non riuscivo a capire perché ero in prigione e per quale crimine. A causa del lungo sciopero alimentare, per richiedere un traduttore e non dormire le notti e avere una compagna di stanza psicopatica di nome M, le mie condizioni mentali e fisiche stanno peggiorando di giorno in giorno.

Fino al 20 gennaio 2024, dopo aver visto le mie feci sanguinanti nel bagno e dopo aver litigato con altre detenute della cella, ho avuto il mio primo attacco di panico. E da quel giorno dovevo prendere diazepam e antistress tutte le sere. E dopo 77 giorni ho potuto chiamare mio zio che vive in Germania. Dopo tre mesi e sei giorni mi hanno dato le trascrizioni degli atti giudiziari in lingua persiana e dopo cinque mesi e 17 giorni è stata fatta la prima sessione di un interrogatorio a quanto pare scritto simile a una scenografia teatrale.


Gulala (attivista e scrittrice curda):

Maysoon ci ha autorizzato a pubblicare alcuni pezzi del suo testo, della sua memoria. Oggi ho scelto un pezzo che descrive bene la situazione di Maysoon in carcere. Posso dire che è una situazione, è una condizione disumana, perché i detenuti devono essere tutelati in carcere e devono essere rispettati nella loro dignità. Ma purtroppo sappiamo che non è solo Maysoon che sta vivendo queste condizioni in carcere, ma ci sono tante tante altre persone, tanti altri detenuti incarcerati che vivono queste condizioni disumane in carcere.


Silvia (Mem.Med):

Dopo queste parole non si può aggiungere nient 'altro perché ribadiscono quanto sia violenta la situazione in cui Maysoon si trova e come non soltanto la sua voce, la sua anima, la sua persona, la sua lotta, vengono mortificate dalle autorità dello stato italiano così come prima l 'Iran da cui è fuggita, ma come anche il suo stesso corpo viene posto in una situazione di grandissimo stress data appunto dalla repressione rappresentata da una detenzione di questo tipo. Le cose che lei ci racconta ci fanno capire che si trova in una condizione veramente di tortura.


Gulala (attivista e scrittrice curda):

Esatto, poi anche questi psicofarmaci che le danno tutte le sere sicuramente peggiorano il suo stato non fisico ma di anima, perché prendere questi psicofarmaci diventa abitudine e dopo non sarà più lucida con la sua memoria per raccontare.


Silvia (Mem.Med)

Penso però che questa lettera che lei ha scritto continua ad essere un modo di tenere alta la voce. Lei ha detto in questo testo che ha fatto uno sciopero della fame perché non le davano il traduttore.Cioè ha più volte ribadito come hanno tentato di zittirla e però la sua voce è tornata ad essere forte ogni volta. Le hanno detto, stai zitta, il guardiano del carcere che l'ha spogliata, 'stai zitta', le hanno detto. Lei ha continuato a parlare e a scrivere. Allora, come dici tu, questa è una memoria di una persona che sta resistendo, nonostante le condizioni in cui la sottopongono di tortura e di privazione siano disumane. Quindi continuiamo a stare vicino a Maysoon anche attraverso la lettura delle sue parole. Perciò grazie Gulala e a tutte le compagne che hanno tradotto e che stanno diffondendo le parole di Maysoon.


Gulala:

Vogliono zittire Maysoon, ma siamo tutt3 la voce di Maysoon. Invece di una voce, Maysoon oggi ha migliaia di voci fuori dal carcere.


Deanna (Captain Support):

Pegah, tu hai fatto da interprete per Maysoon durante il processo. Vorresti raccontarci come l'hai incontrata, la tua prospettiva sul suo processo, sulla sua situazione e magari contestualizzare tutto in un panorama più ampio legato alle lotte femministe in Iran di cui Maysoon ha fatto parte e da cui poi dovete fuggire?


Pegah (interprete e attivista per i diritti digitali):

Io ero lì per seguire il caso perché era veramente allucinante perché avevo letto dai giornali di lei ed altri attivisti in Italia che mi sembrava veramente così strano, un caso così...incredibile. Dato che mi trovavo in Calabria, ho detto 'faccio un salto per capire che cosa succede' e anche per cercare di portare un po' le mie conoscenze, per poter portare ancora di più la visibilità su questo caso che è veramente allucinante. Però arrivata lì mi sono poi trovata come traduttrice, mediatrice, perché dall 'inizio di questo caso non si è stata mai trovata una persona che abbia fatto da traduttore, da interprete in maniera decente e soprattutto in maniera allineata con Maysoon. Quindi mi sono trovata alla fine a fare da mediatrice e, direi, meno male, perché la persona che era stata indicata dal tribunale insomma...

Poi è stata la stessa Maysoon, a scegliere tra la lingua kurda di questo ragazzo di origine irachena che era stato presentato, e me, che invece parlo il farsi, quindi il persiano, e da lì ho iniziato a capire che effettivamente non c 'è mai stata quell'interesse nel capire le parole di Maysoon. Perché se vediamo dall 'inizio, la prima cosa che mi ha detto è stato proprio che le traduzioni sono tutte sbagliate, le traduzioni non corrispondono alla realtà e quindi per me era veramente allucinante come per 7 mesi, anzi di più, questa persona fosse in carcere senza una traduzione. Tant'è che è stata bravissima comunque a cercare di imparare l 'italiano pur di farsi capire e arrivare però lì e sapere ancora di nuovo che non aveva effettivamente un interprete su cui potesse contare. Anche perché gli interpreti mediatori devono anche interpretare quello che c'è intorno. Quindi non c'è bisogno solo di una persona che traduca, ma deve anche capire il contesto, deve andare anche un pochino oltre perché altrimenti non si chiamerebbero mediatori e quindi servono persone specializzate, persone che hanno studiato e non persone prese a caso. Secondo quello che ci diceva l 'avvocato noi abbiamo cercato di tradurre quello che Maysoon diceva, quindi tutto il suo racconto di come è partita dall 'Iran, perché appunto lei è partita, perché lei è una regista. Chi è regista in Iran fa i conti con l'Istituto della Censura, che non è quello a cui magari molti possono pensare, è molto peggio di quello che si possa pensare. Perché in Iran qualsiasi cosa venga prodotta, appunto, deve passare dall'istituto di censura. Se i prodotti che possono essere film, canzoni, ma anche fotografie, e possono essere qualsiasi genere di rappresentatività, perché ovviamente l'arte può essere anche un'arma di denuncia.

E praticamente lei era in pericolo, quindi non solo come regista che portava avanti determinati temi, ma anche come kurda iraniana. Perché voglio ricordare che i kurdi sono l'etnia più numerosa in Iran, però considerata minoranza etnica dal regime della Repubblica Islamica iraniana che li perseguita. Ma da quando si è insediata la Repubblica Islamica, che perseguita tutti quelli che sono fuori dall'etnia non riconosciuta - quindi i Kurdi, i Baluchi, gli Osari, i Khuzestani - insomma, sono tutti delle regioni verso l 'estremità del paese, che non sono considerate. Tanto è che anche la repressione che hanno subito e continuano a subire è totalmente diversa, è di diverso calibro.

C 'è stato l 'Iran Human Rights che qualche settimana fa ha denunciato che in 24 ore sono state impiccate 36 persone solo nel Sistan e Baluchistan e i kurdi sono stati i primi ad essere attaccati in maniera proprio militaresca quindi con l'intrusione di carri armati, di armi da guerra. Proprio subito dopo lo scoppio delle proteste per l 'uccisione di Jina Masa Amini, la ragazza 22enne, curda iraniana, che nel settembre del 2022 era stata fermata dalla Polizia Morale, perché nella metro di Tehran non aveva un abbigliamento adeguato secondo la Polizia Morale. Quindi dopo il suo arresto si è trovata in coma, poi morta.

Tra l 'altro questo è un caso che poi ha scatenato tutto quello che poi il mondo ha conosciuto sotto il movimento, uno slogan kurdo, jin jiyan azadi, che vuol dire donna, vita, libertà. E perché è uno slogan kurdo delle donne della resistenza curda, in qualche modo ha risuscitato un po' la volontà di tutte le regioni iraniane, di tutte le etnie culturali, religiose, gruppi che non sono riconosciuti, che sono sottomessi come cittadini di serie B, che si sono uniti sotto questo movimento. Questo poi ha portato alle mobilitazioni che abbiamo visto fino all 'anno scorso. Però poi purtroppo la repressione, essendo troppo forte, e l'indifferenza anche dei media occidentali e della politica internazionale su quello che accade dentro l 'Iran, ha portato un po' a diminuire queste proteste. Però si sono tradotte in disobbedienza, e quindi la disobbedienza civica è quella di rompere tutti i divieti che vengono imposti, dal velo obbligatorio fino alla prestazione, per esempio, di un servizio commerciale o un servizio taxi, verso donne che non portano il velo. Anche questa è una battaglia, vorrei ricordare, dove sono donne e uomini che collaborano insieme: quindi è una cosa a cui dovremmo un pochino aspirare anche noi perché le battaglie non si vincono da sole.

Quindi Maysoon è scappata ed è stata costretta a lasciare per tutto questo, per tutta questa repressione. Arrivata in Iraq, da lì nonostante avesse continuato a portare avanti quello che è il suo mestiere, quello che è la sua arte, però poi ha trovato finalmente il modo per arrivare in Europa. Nonostante avesse anche quell 'ok come rifugiata politica da parte dell 'UNHCR in Iraq, è arrivata in Italia piena di speranza. Tant'è che c'è il video che lei ha anche richiamato durante l'udienza, dove attraverso degli screenshot ha cercato di far vedere che era piena di speranza perché diceva 'finalmente me ne esco da questa prigione'. E invece arrivata sulle coste di Crotone si è trovata in un 'altra prigione, accusata di scafismo con ovviamente tutta una storia veramente allucinante.

A raccontarlo sembra veramente impossibile, sembra che sia stato inventato. Invece è pura realtà. Lei raccontava che durante il viaggio aveva avuto le mestruazioni, quindi aveva bisogno di aria, aveva bisogno di uscire, perché c'erano 76 persone sotto coperta. Lei diceva che aveva bisogno di aria e quindi ho chiesto se potevo uscire a prendere un po' d'aria, cosa che gli è stata negata, lei ha iniziato a litigare, perché ovviamente io sfido chiunque in pochissimi metri quadrati, 76 persone che respirano, che per giorni vivono gli stessi odori, cioè qualcosa di difficile. Figuriamoci poi ovviamente se una donna ha anche il ciclo mestruale e in quel momento è stata ripresa da quest 'altra donna, quindi poi lei arrivata a Crotone si è vista additare, tra l'altro in una lingua che non conosceva. Raccontava che gli erano stati dati i moduli in arabo. Questo è non capire o non voler capire che anche se i paesi si trovano in una determinata area geografica non vuol dire che parlano tutti allo stesso modo. Ha trovato subito questo scontro con i finanzieri. Il modo in cui è stata accusata l'ha portata ad avere queste due testimonianze contro di lei, che si dice appunto siano state veramente prese a caso. Lei è stata praticamente l'unica a essere perquisita e le hanno trovato il cellulare e 120 euro, che poi erano soldi che servivano per arrivare in Germania, quindi per affrontare il viaggio via terra. Questo è bastato per incriminarla, per additarla, per quello che vengono chiamati scafisti, che come avete detto bene prima è solo un modo, una scusa per scaricare le responsabilità della politica che non riesce, non riuscirà, tanto meno con questa vergogna del decreto Cutro, a portare avanti quelli che possono essere i possibili controlli nel Mediterraneo.

Quindi, durante l 'udienza, a un certo punto si è resa conto che le parole dell 'avvocato non bastavano, che la mia traduzione non bastava, e diceva sempre "io voglio far vedere al giudice le foto, voglio far vedere le foto". Così io ho chiesto se si potessero prendere queste immagini. Lei che praticamente da sola si è difesa parlando anche in italiano, cercando di parlare in italiano e che diceva "io ero lì sotto, non ero sopra". Insomma diceva quello che appunto era visibile nel video che avevano appunto ripreso attraverso degli screenshot, poi da allegare ai documenti da presentare al giudice. E la cosa che ovviamente lei ha è la sua forza che era pienamente visibile e non ha bisogno di descrizioni. Ma quello che mi ha più fatto male proprio da un punto di vista umano, è stato vedere come il pubblico ministero, che appunto era l'avvocata che era alla nostra sinistra, per tutto il tempo del processo non si è mai girata a guardare la sua faccia. Non si è mai girata verso il lato destro per vedere chi stesse parlando o chi stesse lì.

Continuava a ripetere le sue ragioni. Però non si spiega perché quando sono stati interrogati questi due testimoni, non siano state registrate proprio quelle interrogazioni, perché noi non abbiamo traccia se non di una traduzione scritta, che tra l 'altro Maysoon diceva che non era stata tradotta in maniera corretta. E poi ad un certo punto il pubblico ministero dice anche che l'avvocato della difesa non aveva fornito il numero, quindi i contatti, dei testimoni. Invece abbiamo visto che a maggio il servizio delle iene ha fatto una chiamata e fatto un viaggio e hanno parlato con entrambi. Quindi c 'è tutta questa volontà del non andare avanti, volontà di bloccare e di lasciar passare tempo. Però intanto ormai sono mesi che Maysoon è in carcere.

Tra l 'altro da poco ha compiuto anche gli anni e si vede passare avanti la propria vita: è veramente passata da una prigione all'altra.

Bisogna prediligere altre tipologie di politiche e non questo additamento verso gli scafisti o le scafiste che non sono altro che povera gente che anche loro si trovano sulle barche proprio per poter attraversare il mare e avere una vita diversa, una vita migliore. Quelli che sono i trafficanti, tra l 'altro notizia di poche ore fa, abbiamo anche visto che questi trafficanti in realtà frequentano i palazzi di governo. Questi trafficanti si trovano su terra, non partono mai: è una certa politica di destra e estrema destra che ha costruito questa narrazione sulla figura dello scafismo solo per spaventare l 'opinione pubblica e portarla verso un odio verso le persone che effettivamente arrivano. Ma che ovviamente non sono assolutamente loro i colpevoli. Anzi, probabilmente, dovremmo capire noi chi sono le persone che veramente stanno limitando la libertà e soprattutto la vita delle persone.


Gulala (attivista e scrittrice curda):

All 'inizio si parlava solo delle accuse di Maysoon da quando è arrivata in Italia, ma nell'ultimo periodo, per fortuna, e siamo contenti di questo, ci si sta focalizzando sulle vite di Maysoon. Noi come UDIC, Unione Donne Italiane e Curde, abbiamo chiesto questo fin subito e abbiamo cercato di parlare di Maysoon e delle sue attività politiche. È una cosa che anche il Tribunale avrebbe potuto e può verificare facilmente: chi è l'attivista Maysoon. Quello che voglio dire o commentare, come pensiamo in tanti, è che è assurda questa situazione, questa accusa che è stata fatta a Maysoon. Lei chiede protezione all 'Europa perché rischiava la vita nella sua terra nativa in Kurdistan Rojhelat, che è una parte del Kurdistan in Iran.

Lei non ha pensato di scappare in Europa per salvarsi, ma voleva rimanere in Kurdistan come attivista per continuare la sua attività politica, sociale e culturale e per difendere i suoi principi lì nella sua patria. E' per questo che lei è andata a Bashur, nella ragione autonoma del Kurdistan, in Iraq, per cercare la libertà e per salvarsi la vita. Ma purtroppo anche lì è stata perseguitata e minacciata dal regime iraniano. Allora, per ultima, si è rivolta all 'Europa per chiedere protezione. Invece di essere accolta come richiedente di asilo politico, è stata accolta con l'accusa di favoreggiamento di traffico clandestino di esseri umani.


Silvia (Mem.Med):

Siamo contenti però che almeno ci siano questi incontri, questi colloqui. Almeno si riesce un po' a trasferire questa solidarietà che dall'esterno continua a muoversi e agitarsi. Fino al 18 speriamo sempre in maniera più forte.


Sara (Comitato Free Maysoon):

Noi volevamo ricollegarci un po' a quello che diceva Pegah per quanto riguarda questa interconnessione che intreccia la repressione delle donne e la repressione del popolo curdo in Iran. Fin dall 'inizio dell'instaurazione del regime, fin dagli anni '80 sono iniziate entrambe queste repressioni. Infatti il codice di abbigliamento femminile contro il quale si protesta oggi è stato già emanato nel 1980. In realtà diciamo che ondate di mobilitazioni, ondate di protesta, una conseguente repressione si sono sempre alternate in questi ultimi 40 anni, non hanno mai smesso di protestare, non hanno mai smesso di reprimerle, quindi è un continuo alternarsi di queste due fasi.

La mobilità ha iniziato a crescere anche dal 2009 in poi, anche in concomitanza con tutte le proteste che c'erano state in tutto il mondo arabo, medio orientale, anche sulla spinta di un'ondata di mobilità regionale, sono aumentate le proteste. Questa correlazione tra il movimento kurdo, il movimento delle donne, della loro repressione si vede anche nella questione della ragazza uccisa nel 2022 che noi conosciamo come Masa Mini, con il suo nome persiano. Solitamente nei video occidentali si parla di Masa Mini mentre il suo nome in kurdo è Jina, come ha detto giustamente prima l'interprete è per lo più sconosciuto e più difficilmente si sa questo dettaglio del suo nome in curdo. Quindi anche poi i media occidentali riportano in parte la versione del regime, anche quando vogliono parlare contro il regime comunque ci sono tante cose che non passano, che vengano filtrate e bloccate nell'informazione che riceviamo.

Per quanto riguarda il nostro comitato, anche il nostro avvicinarci alla causa di Maysoon e alla sua liberazione deriva proprio da questa commissione tra questione kurde e questione femminile perché è stato proprio in occasione delle mobilitazioni che abbiamo organizzato nella settimana dell '8 marzo, quindi in occasione della festa delle donne, la presentazione di un libro

sulla questione curda. Qui siamo venute a conoscenza del fatto che ci fosse questa donna Maysoon in carcere, e da lì abbiamo cominciato a interessarcene. Poi il fatto che lei, oltre ad un'attivista sia un'artista e una regista è anche molto importante, l'abbiamo ritenuto un dettaglio importante anche un po' il motivo per cui dovuta fuggire, perché oltre a partecipare alle proteste le ha anche riprese, documentate, quindi ha prodotto tanto materiale scomodo per il regime. Quindi c 'era la concreta possibilità che venisse perseguitata, incarcerata, uccisa, anche per via proprio del suo lavoro di reporter. E' stato proprio questo film, quello che abbiamo voluto prendere come oggetto della nostra sensibilizzazione, perché abbiamo scelto di partire da un suo lavoro, da una sua opera, piuttosto che dalla narrazione che viene fatta di lei. Abbiamo scelto di proiettare il suo film e far partire le discussioni da lì, per far vedere che genere di artista è, che genere di lavori fa.

Quindi parlare di lei come persona, come artista e come attivista prima ancora che come emigrante, come vittima, come scafista, cioè mettendo queste categorie che gli sono state affibbiate un attimo da parte e partendo invece da quello che lei ha fatto: perché lei si trova qui, qual è la sua attività che l 'ha portata a compiere questo lungo viaggio che l'ha portata poi nelle maglie della repressione anche in Italia.


Delfina (comitato Free Maysoon)

Giustamente veniva detto all'inizio, Maysoon entra nel carcere di Castrovillari il 31 dicembre, giorno dello sbarco, e noi veniamo a conoscenza del caso all'interno di un'iniziativa che era la presentazione di Jin Jiyan Azadi, il libro di cui parlava anche Sara, all 'interno del quale appunto abbiamo conosciuto Maysoon. Tramite un compagno di Castrovillari che ha denunciato all'interno di quella che poi è stata un'assemblea, il silenzio, comunque le pochissime informazioni che circolavano su questa notizia, la gravità della situazione. Abbiamo organizzato dei presidi: uno alla fine di marzo, sotto il carcere di Castrovillari raccogliendo comunque delle altre solidarietà, degli altri supporti all'interno del territorio cosentino, della provincia calabrese e da lì sono iniziate una serie di attività, iniziative, eventi, di denunce e di supporto a Maysoon che ci hanno permesso anche di conoscere persone, realtà, che prima invece ci erano ignote, come per esempio il locale di Castrovillari, da Emi's Bakery, dove è stato organizzato un post-pride, un'iniziativa transfemminista. Queste compagne che erano venute a conoscenza del caso di Maysoon ci hanno invitato a partecipare, così come poi in un secondo momento, il film lo abbiamo reperito, abbiamo iniziato a farlo girare traducendolo inizialmente a voce. Abbiamo poi provveduto alla traduzione, con un lavoro collettivo che ha coinvolto diverse persone, compagne di tutto lo stivale. Quest'anno lo Yo Jevant Folk è stato dedicato al genocidio del popolo palestinese e in quell'occasione ci hanno chiesto di portare la proiezione con un contributo del Comitato e di altre persone e figure anche istituzionali che stanno esprimendo la loro solidarietà a Maysoon.

Ci siamo ritrovate in presidio il 24 luglio presso il Tribunale di Crotone, dove si è svolta la prima udienza e lì, appunto, abbiamo assistito chi direttamente, chi da fuori le mura del Tribunale, a questo momento che veniva descritto anche da Pegah, e che poi è stato riportato dai media, dai giornali. Maysoon è rimasta nel carcere di Reggio Calabria in cui è stata trasferita il 5 luglio e le sono stati nuovamente negati i domiciliari.

La prossima udienza, come è stato detto in apertura, sarà il 18 settembre e noi abbiamo subito rilanciato quella data come nuova data per una nostra presenza in quella piazza e nel frattempo abbiamo cercato anche di lanciare un messaggio di prosecuzione di tutta questa mobilitazione che abbiamo iniziato un po' spontaneamente, concordandoci, incontrandoci con diverse realtà del territorio. Come la rete 26 febbraio con cui immediatamente abbiamo reciprocamente trovato un collegamento troppo evidente ed eclatante per essere ignorato, che è andato sempre più poi consolidando con le diverse informazioni che abbiamo avuto modo di apprendere, conoscendo Maysoon. Seguendo la vicenda, cerchiamo di non scollegare neanche un secondo la vicenda di Maysoon dalla triste vicenda e non solo triste, del sistema frontiera a cui assistiamo oggi con una ferocia aberrante. Tutto viene dalla famosa legge Bossi-Fini e il decreto legge 286 del 98, il testo unico sull'immigrazione che comincia a inserire appunto delle normative, delle regolamentazioni per la libertà di circolazione, la questione della migrazione che sono state letteralmente inasprite e rese sempre più esplicitamente fasciste passando dai vari decreti Minniti. Li cito solamente, però è importante che organizziamo anche dei momenti di messa in comune, di organizzazione di questo tipo di pensiero e di storia della legislazione italiana in tema di migrazione che è veramente inquietante. Dopo il decreto Minniti, il decreto Salvini abolisce la protezione umanitaria e quando nel febbraio del 2023 c 'è la strage di Cutro, questo governo razzista e fascista decide bene di intitolare così il decreto 50 del 2023. Qui si inasprisce ulteriormente il reato di scafismo e si aggiunge il reato per lesioni gravi o morti in mare imputate alla persona che è la cosiddetta scafista ma che in realtà è la persona che timona la nave che spesso, come viene detto ormai in tutti modi possibili, si trova costretta sotto ricatto, per motivi economici, per avere il viaggio gratis, ad affrontare quel viaggio svolgendo quel ruolo e che il nostro sistema xenofobo, chiuso e vigliacco decide bene di punire con queste pene esemplari, che vanno dai dieci ai trent'anni a seconda dei casi, a seconda delle eventuali vittime.

Tutto questo è impensabile che venga anche solo ipotizzato nei confronti di una persona come Maysoon, che all 'interno del film da lei appunto girato, Thirsty Flight, indossa la maglietta dell 'UNHCR con cui era in contatto, perché in Germania ha dei parenti che avrebbe voluto raggiungere con questo suo viaggio, che purtroppo si è dovuto interrompere nella nostra regione calabrese e purtroppo nessuna di queste vengono prese come prove.


Gemma (Comitato Free Maysoon)

Sono due gli elementi che volevo maggiormente sottolineare, tra tutto quello che ci siamo dette finora. Uno è a che fare con la relazione tra lo spontaneismo e l'organizzazione che ci stiamo provando a dare ha intrecciato quelle che sono le reti già presenti su diversi territori.

In questa vicenda quello che se da una parte può sembrare sorprendente come più volte è emerso come aggettivo da questa nostra discussione, sorprendente il caso di Maysoon, dall'altra siamo tutte consapevoli del fatto che non è affatto un 'eccezione e che invece come è stato detto in apertura e stato ripetuto più volte si tratta proprio di un sistema che riproduce questo tipo di casistiche, che come Maysoon e Marjan ci sono diverse persone, non solo in Calabria ma in diverse carceri in tutta Italia, e sarebbe interessante provare a connettere in questo le informazioni che abbiamo, come ci dicevamo in fase iniziale, e capire tutte quelle persone che ancora sono in carcere, che tipo di dinamica processuale stanno attraversando, chi invece è stato scagionato, chi è riuscito a uscire con stato di necessità. In ogni caso tornando al punto dello spontaneismo e appunto alle azioni politiche che sono state possibili intrecciando lo spontaneismo e le reti già organizzate, ecco in tutta questa fase, fino a marzo di quest 'anno - e Maysoon è stata incarcerata già dai primissimi di gennaio - fino a marzo, nonostante siamo ognuna di noi dentro a delle reti di solidarietà in cui discutiamo, ci incontriamo e come donne e come soggettività su questo territorio cerchiamo di incontrarci e fare delle attività insieme, fino a marzo io non sapevo neanche che Maysoon fosse in carcere in Calabria.

Probabilmente era una mancanza individuale, ma in fondo non si era mai discusso insieme ed erano già passati un po' di mesi. Quel giorno c 'è stata una presentazione che poi, come ha detto già Delfina, una presentazione di un libro su Donna Vita e Libertà, che è diventata una discussione assembleare. Lì nella spontaneità una persona che partecipava ha tirato fuori la vicenda,l 'ha denunciata. Ne siamo venuti a conoscenza e immediatamente si è creato un gruppo spontaneo che da lì è cresciuto e sta crescendo e ha intrecciato quelle che sono le reti che si occupano di questo, sparse per il territorio nazionale e calabresi. Tutte quelle soggettività attive costantemente, quotidianamente, si sono intrecciate e secondo me questo è un dato adesso importante. È vero che Maysoon è ancora in carcere, è vero che l 'obiettivo prioritario del gruppo è proprio quello di fare uscire Maysoon e far sì che il processo di Maysoon si chiuda con la sua innocenza.

In tutto questo sono già fissate le date delle prossime udienze, abbiamo già detto che la prossima è il 18 di settembre e il processo dovrebbe chiudersi più o meno rapidamente per i tempi che sono della giustizia - lunghissimi per chi sta dentro - e dovrebbe essere novembre. Io mi auguro che questo spontaneismo che è venuto fuori su questo territorio che sta intrecciando e sta incontrando le reti che su questo invece quotidianamente lavorano su diverse realtà e su più territori riescano a far sì che Maysoon esca, perché credo che specialmente per il periodo in cui tutto sta accadendo, trovo straordinario che si stia riuscendo in qualche modo a tenere alta l 'attenzione e a far crescere questo comitato. Siamo davanti a un regime di frontiera che così agisce. Le soggettività che sono pericolose in quei regimi che noi chiamiamo dittatoriali sono pericolose un po' ovunque.

Questo era il mio punto, sullo spontaneismo, come le attività spontanee possono intrecciare le reti già organizzate, e possono effettivamente a quel punto arrivare a incidere su una serie di decisioni che passano per le aule dei tribunali ma che sono puramente politiche.


Silvia:

Perfetto, grazie. Adesso se Lucia vuole parlarci un po' invece di Marjan, della vicenda legata a Marjan, in quanto comitato Free Marjan che ha seguito questa questione.


Lucia (Comitato Free Marjan)

Dopo aver scoperto appunto la presenza di Maysoon nel carcere di Castrovillari, abbiamo appreso che c 'era un'altra donna accusata dello stesso reato in carcere, qui a Reggio Calabria, quindi abbiamo creato in parallelo quest 'altro comitato. Le due storie sono storie personali molto diverse, perché Marjan non è un attivista, almeno non ci risulta sia un attivista politica, ma una donna che è fuggita da un marito violento che aveva tentato proprio di ucciderla, e quindi questa non conoscenza di una sua sensibilità politica ci ha portato anche a non volerci sovradeterminare rispetto a lei, e quindi a seguire la sua vicenda con più discrezione presenziando comunque alle udienze. Marjan si trova anche in una condizione personale diversa in quanto, per fortuna, ha ottenuto gli arresti domiciliari e si trova, come diceva Silvia all 'inizio in apertura, a Camini, una piccola comunità, dove sappiamo, per informazioni che ci arrivano da persone che ci lavorano, che è agli arresti domiciliari e si è potuta ricongiungere col suo bimbo e quindi ha una condizione di vita sicuramente meno soffocante e opprimente rispetto a quella di Maysoon.

Una cosa certo le accomuna, è quello che ci raccontava Pegah, che in sede di udienza non ci fosse il traduttore, che lei non potesse esprimere, raccontare e le cose che venivano raccontate venivano deformate, raccontate male o mal tradotte. Questo purtroppo accomuna Maysoon e Marjan e gran parte di queste persone processate. Così come il fatto dei testimoni. Ha detto Pegah prima che pare che una delle testimoni contro Maysoon fosse la donna che lei aveva minacciato in barca, dicendo che l 'avrebbe accusata, denunciata alla Polizia Italiana. Lo stesso più o meno è successo a Marjan, la quale è stata accusata da tre iracheni che hanno abusato in qualche modo di lei, così come l'atteggiamento del PM, che in udienza ha messo in discussione anche la maternità di Marjan rispetto al bimbo che si accompagnava con lei, accusandola di essersi distratta, non essersi disperata quando la portavano via, o al bambino di essersi addormentato. Dopo una traversata di quel genere, forse è legittimo che ci sia anche un momento in cui uno lascia andare la tensione. Comunque, insomma, quello che mi pare che emerga in tutti questi, almeno in questi due processi che stiamo seguendo direttamente, è questa cosa della presunzione di colpevolezza contro qualunque principio della nostra filosofia e della legge che presume invece l'innocenza. Parliamo proprio di presunzione di colpevolezza. Quindi la prossima udienza di Marjan si terrà il 27 ottobre e vedremo come si evolverà la sua situazione.

In ogni caso, essendo noi qui a Reggio, ci siamo sentiti responsabili, la sentiamo prossima a noi. L 'altro giorno ho partecipato a un incontro sulle carceri e si parlava di quella costruzione che c'è in pieno centro a Reggio. Ci si chiedeva che sensazione ci dà. Io ho detto 'di separazione', ecco questa idea che Maysoon sia qui, a 500 metri da casa mia e che però io non possa comunque in nessun modo sostenerla e aiutarla materialmente, questa è una cosa veramente che crea profonda sofferenza in molti di noi e quindi abbiamo cercato sul territorio reggino di capire che aiuto possiamo darle.

Qui a Reggio ci sono due carceri, un carcere maschile che si trova in un quartiere periferico e il carcere femminile dove si trovava Maysoon che invece è in centro città. Nel carcere maschile ci sono un laboratorio di scrittura di lettura creativa e collettiva, una biblioteca e anche un cineforum organizzano. Noi stiamo cercando di contattare le persone che seguono questi progetti che conosciamo, e di cercare di realizzare progetti analoghi anche qui nel carcere femminile. Spero tanto che Maysoon non ne possa beneficiare, nel senso che all'udienza del Tribunale per il riesame possa invece godere almeno degli arresti domiciliari, e dopo il 5 novembre anche della libertà totale e quindi dell'assoluzione. Però sicuramente l 'idea di mettere in moto, anche nel carcere femminile di reggio, queste attività, anche se spero che non ne debba beneficiare Maysoon, perché si potrà già trovare in una condizione di libertà totale, ma che ne possono beneficiarne altre donne che lì invece ancora sono detenute.


Deanna (Captain Support):

Grazie Lucia, grazie per aver ricostruito un po' questa vicenda e aver sottolineato alcuni punti che magari potremmo anche riprendere adesso nella discussione. Io volevo ringraziarvi tantissimo, è stato davvero bello ascoltarvi. Avevo letto ovviamente di Maysoon e di Marjan, sapevo che c'erano due comitati di supporto però non mi immaginavo questa potenza transfemminista, e questa modalità di organizzazione così intersezionale intorno a queste due donne. Quindi vi ringrazio per averla creata con questa spontaneità e anche per averlo fatto in un modo in cui riuscite a portare insieme un 'analisi più ampia rispetto appunto alle oppressioni di genere, alle oppressioni etniche, razziste, e alle oppressioni di frontiere, e come queste si intrecciano nelle esperienze di queste due donne.

Per me un tema importantissimo è che i media, come sappiamo, hanno portato molta attenzione sul caso di Maysoon in particolare, ma anche di Marjan. In qualche modo, sono in due modalità diverse, due vittime perfette, una come attivista, femminista, regista, artista, l 'altra invece rappresentata come madre, che appunto ha un ruolo che in un certo senso la rende una vittima perfetta, anche se poi, a processo, viene anche accusata di non essere abbastanza madre, messa a processo anche per le sue modalità di maternità o di relazione col figlio.

Però insomma sono due persone per cui in un certo modo è facile mobilitare solidarietà da parte di europarlamentari, da parte di giornalisti, da parte di comitati. Però, come dicevate anche voi, la loro situazione non è diversa da quella di altre donne e altri uomini che si trovano nelle carceri italiane e di tutta Europa per la stessa ragione.

Questo mi fa pensare anche al lavoro che fa anche Silvia, di ricostruzione di persone che spariscono alle frontiere d'Europa. Tante spariscono in mare durante i naufragi, di cui quello di Cutro di cui si è parlato tanto, è solo uno. Se ne è parlato tanto perché purtroppo i corpi delle persone sono arrivati sulle nostre coste, quindi non si poteva non parlarne. Ma la maggior parte delle persone spariscono in mare e non ci sono tracce, non c 'è possibilità di rendere visibile la loro scomparsa, cioè è una scomparsa vera e propria. E tante altre persone scompaiono nelle carceri, al punto che tante famiglie cercano queste persone, magari le danno per morte, ma poi si scopre che sono in carceri italiane, non hanno avuto accesso a mediatori, a traduttori, non hanno avuto accesso a supporto legale, e non hanno potuto chiamare le proprie famiglie per dire che erano incarcerate.

Quindi queste persone sono addirittura invisibilizzate alle loro famiglie, figuriamoci al pubblico. E quindi mi chiedo come possiamo ampliare questa lotta anche quando non abbiamo le vittime perfette su cui possiamo costruire delle campagne che arrivino al cuore delle persone, in modo da poter mobilitare ampie parti della popolazione contro queste leggi ingiuste che portano in carcere così tante persone? E tornando anche alle morti in mare, mi viene in mente quando nel 2021 è annegato un poeta sudanese. Ovviamente poter leggere le sue poesie è stata una modalità perfetta per raggiungere i cuori della gente e far capire che dietro ogni persona che muore, così come dietro ogni persona che viene incarcerata, ci sono delle storie, sono delle esistenze, delle famiglie, delle amicizie, delle umanità che i numeri eliminano completamente. Quindi nel caso del poeta, si chiamava Latinos, morto nel 2021, siamo riuscite a restituire un'umanità a una persona che è morta. Ma alle migliaia di persone che muoiono ogni anno viene negata questa umanità e così alle persone in carcere. Quindi la domanda forse è come facciamo o a 'riumanizzare' le persone tracciando le loro storie, rendendole vicine alle nostre esistenze e politicizzandole anche? Oppure come riusciamo a mobilitare contro queste ingiustizie anche quando non abbiamo storie, non abbiamo volti, non abbiamo arte a cui appellarci per ridare l 'umanità a queste persone.


Lucia (Comitato Free Marjan):

Io volevo aggiungere ai morti che menzionavi anche i sepolti senza nome. Ci sono 21 salme in un cimitero di una piccola frazione di Reggio dell 'ultimo sbarco di Roccella, mi pare a fine giugno e praticamente senza nome. E questa è un 'altra tragedia, nella tragedia.


Silvia (Mem.Med):

Sì, assolutamente, il naufragio di Roccella che è avvenuto nella notte tra il 16 e il 17 giugno. Anche quella è una strage che non è stata assolutamente raccontata, contrariamente a quanto è accaduto con Cutro, perché come diceva Deanna, a Cutro c'erano i morti e a Roccella questi morti nessuno li ha visti. Penso che sia molto interessante ricordare che proprio in Calabria, sulla spiaggia di Steccato di Cutro, c'è un monumento che è stato deposto dopo il naufragio che parla dei responsabili di quelli morti, a memoria dei responsabili di quelle morti, che sarebbero i trafficanti di esseri umani e gli scafisti. Questo è inciso sulla pietra. E penso che sia emblematico di come siano due facce della stessa medaglia, le morti in mare e le persone criminalizzate che poi vengono accusate nel caso di Cutro, ma come quasi tutti i naufragi, quasi tutte le stragi che avvengono nel Mediterraneo di esseri responsabili. Quindi rispetto a prima in cui si è detta più volte la parola innocenza, di dimostrare l 'innocenza, bisognerebbe anche mettere in discussione chi sono i colpevoli e coloro che sono poi responsabili di questi crimini, perché tali sono: sono lo Stato, le politiche europee, le politiche di frontiera e invece sempre tornando a questo artefatto giuridico dello scafista, queste costruzioni che vengono poi utilizzate e sono proprio funzionali a sostenere delle politiche razziste, xenofobe. Come abbiamo detto prima si nutrono anche del patriarcato che sta dietro a questo regime, e poi in casi eclatanti come questi vengono fuori, ma sono all'ordine del giorno.

Grazie per aver ricordato anche i morti di Roccella e di Cutro soprattutto, che appunto non sono stati assolutamente visualizzati, e invece dietro queste persone ci sono delle storie, ci sono delle lotte, ci sono dei familiari che sono arrivati in Calabria e quindi sarebbe bello anche tenere questo discorso aperto a quelle lotte.

Quello che è emerso anche da questa discussione è come ci sia un filo rosso anche in percorsi diversi, da Marjan a Maysoon e le lotte, le rivendicazioni che portano avanti, le compagne che sono intervenute, nei loro territori da prima di questa vicenda e che sono assolutamente inerenti e a contatto con quello che sta accadendo adesso a Maysoon e Marjan.

Anche il tema dell'autodeterminazione di entrambe, che è venuto fuori in maniera diversa. Come si diceva Maysoon è un'attivista, una regista, una persona che si è espressa pubblicamente in Iran con la sua attività artistica e ha documentato tutta una serie di oppressioni di violenze del regime in Iran. E ha continuato a farlo, come diceva Pegah, da una prigione all 'altra, anche nella seconda prigione dove è arrivata, in uno stato occidentale come l 'Italia che si riempie strumentalmente la bocca di quelli che sono i diritti delle donne.

La questione femminista, chiaramente è usata in modo strumentale per aizzare il fuoco razzista e xenofobo quando serve. Invece Maysoon mi ha colpito molto. Io come altre compagne eravamo presenti nell'aula dell'udienza, ed è stato molto forte e potente il momento in cui Maysoon ha capito che l'udienza si stava chiudendo, che non le avrebbero dato gli arresti domiciliari, era quello che lei chiedeva in quel momento. Si è alzata in piedi e ha parlato direttamente al giudice. Come ha detto Pegah, non era stata neanche degnata di uno sguardo da alcuni che presiedevano l 'udienza, ma in quel momento tutti l 'hanno guardata perché Maysoon si è alzata in piedi, ha cominciato a parlare, l 'ha fatto anche in italiano, con l'italiano che ha imparato in carcere, e ha cominciato a contestare quello che le veniva accusato direttamente con la propria voce.

Questo non va dimenticato perché spesso poi il regime di frontiera non solo rimuove la dimensione individuale, umana delle persone che si mettono in viaggio, delle persone in movimento, ma anche essenzializza, stereotipizza, vittimizza, soprattutto nel caso delle donne, qua l 'abbiamo detto tutte più o meno, dentro delle categorie pre-costituite e che quindi impediscono di vedere effettivamente chi è Maysoon, e quello che sta portando avanti anche in Italia. Maysoon ha fatto anche uno sciopero della fame a maggio (ripreso a settembre) proprio per contestare la situazione in cui si trovava. Sta continuando a scrivere, continua appunto a difendersi anche con il sostegno e la solidarietà che viene da fuori. Questo credo che sia fondamentale riportarlo, e quindi sono molto anche felice di sentire quello che sta avvenendo fuori da questa vicenda che è violenta, brutale ma che ha alimentato dei movimenti che sul territorio già esistevano. Però appunto come ci stanno raccontando le compagne i comitati di Free Maysoon e Free Marjan si sono rafforzati, hanno avuto visibilità, sono arrivati a diverse regioni d'Italia e addirittura fuori, per portare una questione che a noi forse ci riguarda da vicino più direttamente. Deanna e io siamo in Sicilia, le altre sono in Calabria, siamo ai confini sud dell 'Europa. L'Italia, come parte dell'Europa, e che si trova sul Mediterraneo, fa sì che quelle morti sono anche morti nostre, di cui abbiamo delle responsabilità e che bisogna continuare a rivendicare. Quindi, partire proprio dai film di Maysoon che verranno proiettati in queste occsdioni, dalle parole che lei direttamente ha scritto, pensiamo che sia anche il modo migliore per portare avanti queste lotte. Radio alqantara è nata proprio anche con la funzione di amplificare quelle che sono le lotte anti-carcerarie, transfemministe, per la libertà di movimento, quindi grazie per aver portato anche la vostra esperienza.


Lucia (Comitato Free Marjan)

Grazie a voi della possibilità di questa bella riflessione insieme. Io volevo solo aggiungere una cosa che avrei dovuto dire prima, ma dico adesso riallacciandomi all 'ultima cosa che dicevi tu, Silvia, rispetto al processo all'udienza del 24 luglio, in cui Maysoon ha sostenuto con la sua voce e con le sue forze la propria difesa chiedendo questi domiciliari, negati per il pericolo di fuga. Questa informazione mi sembra rilevante perché lei stava cercando di raggiungere le persone familiari in Germania e le è stato impedito per pericolo di fuga, è veramente grottesco. Mi sembra giusto aggiungere questa questa piccola nota, che ci si è assunto la responsabilità di far passare 8/9/10 mesi di carcere a una persona, al di là che sia innocente o non innocente, che stava migrando per stato di necessità e si è trovata ingoiata da un sistema che credeva diverso, come tra l 'altro ha scritto.

La cosa che dovremmo cercare di fare è di sensibilizzare l 'opinione pubblica, la gente che ci sta prossima e meno prossima proprio sulla decriminalizzazione, eliminare come crimine questa aberrazione dello scafismo. Questo secondo me è il nodo principale e primario che partendo da questi due casi personali dovremmo cercare di raggiungere questo obiettivo.


Deanna (Captain Support):

Secondo me uno dei punti chiave è proprio la decriminalizzazione di questi reati e l'abolizione delle leggi che mandano in carcere queste persone. Quindi bisogna portare avanti queste due lotte parallelamente. Da una parte scarcerare e dichiarare l'innocenza delle persone che sono in questo momento in carcere perché le vogliamo libere il prima possibile. Dall 'altra, fare una lotta politica più ampia per decriminalizzare quella che viene definita come facilitazione e immigrazione clandestina. Quindi al di là del andare a difendere gli individui dicendo sono innocenti o sono colpevoli, hanno commesso questo reato o no, o capire se si tratta di casi di malagiustizia o di altro, ma proprio andare a fare una lotta più ampia per la decriminalizzazione delle migrazioni a livello più generale.

Una cosa importantissima che diceva Silvia è come questi regimi di frontiera riducano, essenzializzano le persone a categorie. C 'è la categoria del criminale che secondo tanta dell 'opinione pubblica merita di essere in carcere. Infatti non penso ci sia stata una grande mobilizzazione nei confronti delle quattro persone arrestate dopo il naufragio di Cutro, che comunque rischiano di andare in carcere per vent 'anni. Purtroppo ci sono poche attenzioni nei confronti di queste quattro persone che potrebbero avere un percorso molto simile rispetto a quelli di Marjan e di Maysoon pur non essendo donne, pur non essendo attiviste, pur scappando da cose diverse oppure avendo fatto scelte migratorie diverse.

Però proprio l 'essenzializzazione di queste esperienze, di questa identità, da una parte criminalizza, dall 'altra vittimizza. Dobbiamo dichiarare l 'innocenza, dobbiamo dichiarare che queste persone sono vittime del patriarcato, del razzismo, del regime di frontiera. Ma ciò che non viene fatto, ciò che Marjan e Maysoon in particolare ci hanno dimostrato, è che queste esperienze possono essere politicizzate e ciò che il regime di frontiera fa è una continua depoliticizzazione di queste esistenze ma anche una continua depoliticizzazione della violenza delle frontiere. Quindi forse uno degli obiettivi che possiamo porci in questa lotta per la decriminalizzazione delle migrazioni è anche una ripoliticizzazione sia delle persone che migrano ma anche della violenza che viene portata avanti dal regime di frontiera. Perché queste sono violenze, come le morti in mare, l 'incarcerazione continua, la sparizione forzata delle persone che attraversano le frontiere, sono scelte politiche che vengono prese ogni giorno. Non sono incidenti, non sono conseguenze inattese, non sono eccezioni, ma sono scelte politiche che vengono prese quotidianamente dalle autorità che costruiscono, rinforzano e finanziano le frontiere.


Silvia (Mem.Med):

Un invito a ritrovarci tutte il 18 settembre al tribunale di Crotone dove avrà luogo la seconda udienza del processo in cui è coinvolta Maysoon, come ci hanno ricordato prima le compagne di Free Maysoon, e poi chiederei a loro se vogliono anche condividere quelli che sono gli appuntamenti proprio a sostegno di questa lotta per la liberazione di Maysoon e di Marjan, che sono stati organizzati nei prossimi giorni, nelle prossime settimane.


Comitato Free Maysoon:

Ne approfittiamo per condividere le date delle prossime udienze che ha condiviso con noi l'avvocato Liberati, l 'avvocato difensore di Maysoon e saranno a partire da mercoledì 18 settembre la prima, poi il 17 e 22 ottobre. Però il 17 ottobre sarà una data per il riesame del caso di Maysoon presentata dall 'avvocato della difesa per chiedere nuovamente l'istanza dei domiciliari, mentre le date del 1 e del 22 ottobre sono le udienze processuali e l'ultima il 5 novembre. Queste sono le date delle prossime udienze in cui ovviamente organizzeremo dei contributi, dei momenti di supporto diretto, cosa che si può fare comunque anche sempre con Maysoon scrivendole.L 'indirizzo per scrivere a Maysoon presso il carcere in cui è detenuta:


Via carcere nuovo 15, 89 133 Reggio Calabria.


Grazie a voi. Grazie mille. Ci vediamo il 18 settembre, a mezzogiorno e mezzo, 12 .30.