Scomparsi in mare: la complicità dell'Italia nell'intercettazione tunisina dell'11 luglio

La sera dell'11 luglio, 27 persone sono arrivate al molo Favaloro. I 27 sopravvissuti ci hanno raccontato il loro viaggio verso l'Europa. Abbiamo cercato di ricostruire ciò che è accaduto, amplificando le loro testimonianze per denunciare la violenza del regime di frontiera europeo, che ancora una volta ha causato la morte o la scomparsa di persone che hanno cercato di sfidarlo.Martedì 8 luglio, una barca è partita da Sfax, in Tunisia, con a bordo un totale di 63 persone.
Dopo due giorni e mezzo in mare, la barca è rimasta senza carburante ed è rimasta alla deriva in acque internazionali per circa un giorno. È qui che l'asset Frontex Sparrow2 ha individuato il gruppo, l'11 luglio alle 12:17 CEST, e ha orbitato intorno a loro per circa un'ora.
Frontex non solo ha allertato le autorità europee, ma ha anche informato la guardia costiera tunisina, anche se la Tunisia non può essere considerata un porto sicuro. Numerose testimonianze hanno documentato il trattamento violento riservato dalle autorità tunisine alle persone in movimento, sia durante che dopo gli intercettamenti, compreso la deportazione nel deserto.

Si può presumere che l'allerta di Frontex abbia portato all'arrivo della guardia costiera tunisina sul posto. Contemporaneamente è arrivata anche la guardia costiera italiana.La necessità di evitare l'intercettazione in Tunisia, per sfuggire alla sua violenta realtà, ha spinto alcune persone a gettarsi in acqua e a nuotare verso la nave della guardia costiera italiana. Tutte le donne e i bambini sono rimasti sulla barca.
La Guardia Costiera tunisina ha cercato di impedire alle persone in acqua di raggiungere la nave della Guardia Costiera italiana, con manovre molto pericolose.Secondo alcune testimonianze, tre giovani sono annegati in mare a causa di queste manovre. Altre fonti riferiscono che altre due persone sono ancora disperse. Secondo queste testimonianze, le 33 persone rimaste sulla barca sono state intercettate e deportate nel deserto algerino. Solo 27 persone sono riuscite a raggiungere a nuoto la nave della Guardia Costiera italiana e sono state poi sbarcate a Lampedusa.
Cinque persone sono ora morte o disperse. Non si tratta di una tragedia involontaria, poiché avrebbe potuto essere evitata! L'Italia sta fornendo sostegno finanziario e materiale alla Guardia Nazionale Marittima tunisina. L'agenzia europea Frontex sta collaborando con le autorità tunisine (e libiche).
Queste morti, come tutte le altre morti alle frontiere, sono il risultato diretto dei violenti regimi di frontiera che l'Europa ha intenzionalmente creato e sostenuto. L'11 luglio, la Guardia Costiera italiana non è stata spettatrice di un violento respingimento che ha causato la morte di almeno tre persone, ma è stata direttamente responsabile di queste violenze. Le politiche di frontiera italiane ed europee uccidono direttamente e indirettamente le persone che attraversano ogni giorno le frontiere, via mare e via terra, all'interno dei campi di deportazione e nelle strade europee. Tentando di reprimere la libertà di movimento, esternalizzando e affidando il controllo delle frontiere alle autorità libiche e tunisine, l'Europa uccide e fa sparire persone ogni singolo giorno.
In questo caso specifico, le autorità italiane erano sul posto e avrebbero potuto almeno impedire che questo respingimento violento avvenisse.
La Tunisia non è un porto sicuro!
Come in Europa, anche in Tunisia le persone in movimento affrontano condizioni terribili, razzismo strutturale, criminalizzazione e nessun accesso a qualsiasi forma di protezione o al sistema sanitario pubblico. In particolare, in Tunisia molte persone sono costrette a vivere in campi improvvisati sotto gli ulivi, che vengono regolarmente perquisiti e distrutti dalla polizia locale. Le strutture di solidarietà cercano di resistere e di costruire i propri ospedali, ma solo poche settimane fa diversi ospedali auto-organizzati sono stati bruciati.
Alcuni dei ragazzi provenienti dalla Guinea e dal Mali, arrivati a Lampedusa, hanno trascorso due anni in Tunisia. Ci hanno raccontato quanto fosse pericolosa per loro la situazione in Tunisia. Quando li abbiamo incontrati al trasferimento il giorno dopo il loro arrivo, le persone che erano riuscite a raggiungere l'Italia erano ancora sotto shock per quello che avevano passato. Ci hanno detto che avrebbero voluto avere spazio e tempo per riposarsi e riprendersi dopo questo terribile viaggio. Invece, sono stati rinchiusi in un hotspot sovraffollato e trasferiti meno di 24 ore dopo il loro arrivo sull'isola, senza alcuna possibilità di riposare né di ricevere l'assistenza di cui avevano tanto bisogno dopo questa esperienza.
Ci opponiamo a queste frontiere create dall'Europa, che causano morte e violenza ogni giorno.
Condanniamo il regime (neo)coloniale e razzista delle frontiere!
Chiediamo libertà di movimento per tutti e tutte!
photo credits: @erykrynski