Lampedusa tra arrivi e trasferimenti - l'ultima settimana e le prospettive future
La settimana scorsa a Lampedusa sono passate migliaia di persone, costrette a transitare dall' hotspot dell'isola. Nella giornata di mercoledì 28 giugno, su 24 diverse imbarcazioni, sono arrivate più di 1200 persone; giovedì 29 Giugno, con 46 imbarcazioni, sono state più di 2000 le persone a entrare in hotspot.
Con una capienza massima di 389 posti, nelle notti di giovedì e venerdì, l'hotspot è arrivato ad ospitare più di 4000 persone nonostante i continui e consistenti trasferimenti verso gli altri centri in Sicilia.
Da quando la Croce Rossa ha preso in gestione la struttura, è stata evidente la messa a disposizione di mezzi più adeguati al trasporto delle persone: autobus in sostituzione dei mezzi da 9 posti in cui venivano caricate fino al triplo e soprattutto navi militari destinate al trasferimento verso la Sicilia. Oltre a motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, durante la settimana infatti il pattugliatore della Marina Militare "Cassiopea" è stato impiegato più volte per riuscire a trasferire circa 1200 persone in un giorno solo. Nell'ultima settimana, addirittura, i trasferimenti sono avvenuti entro le 24 ore dall'arrivo a Lampedusa e, nei giorni tra il 28 e il 30, alcune persone sono state trasferite direttamente in Sicilia, senza passare per la pre-identificazione nella struttura lampedusana.
Da anni, insieme ad altre organizzazioni, chiediamo che Lampedusa non venga gestita come campo o prigione, che le persone siano lì trattenute il minor tempo possibile e che vengano intensificati i trasferimenti. Siamo dunque in costante osservazione dei recenti cambiamenti. Allo stesso tempo, è indispensabile che i diritti delle persone vengano rispettati. In questi giorni abbiamo visto invece che la gestione velocizzata, ma sempre emergenziale, dei trasferimenti ha fatto sì non solo che le persone spesso non abbiano idea di dove stanno andando né del perché; ma anche che nuclei familiari e affetti vengano divisi e, ancor più grave, che le persone non ricevano alcuna informativa legale.
Siamo inoltre preoccupati che tale efficiente velocità non sia tanto uno strumento per garantire una dignitosa gestione delle persone in movimento, quanto piuttosto una premessa per accelerare (e dunque rendere più arbitrarie e superficiali) le procedure di valutazione dello status delle persone in vista dei rimpatri forzati, che sembrano essere l'obiettivo principale ed esclusivo dei "piani" annunciati in queste ore sui media da esponenti governativi.
In tal senso, la velocità delle procedure e la spersonalizzazione delle pratiche si pongono in sintonia con le misure previste dal decreto "Cutro"; funzionali, dunque, a facilitare allontanamento e respingimento delle persone, producendo più condizioni di "irregolarità", piuttosto che garantire i loro fondamentali diritti.
Le condizioni all'interno dell'hotspot di Lampedusa sono di evidente e strutturale sovraffollamento; la fruizione dei servizi sanitari e del cibo implicano lunghe attese e spesso tensioni. Nonostante questa situazione nessuna delle persone "ospitate" ha passeggiato nelle vie del centro abitato; l'hotspot resta una struttura da cui non è ufficialmente vietato uscire, ma di fatto è impossibile farlo. A tradirne l'aspetto carcerario, oltre alla cospicua presenza di polizia e alle recinzioni, è l'utilizzo della struttura a scopi propriamente detentivi: il 30 giugno, per esempio, per 3 cittadini tunisini tornati a Lampedusa nonostante i loro decreti di espulsione sono stati disposti gli arresti domiciliari all'interno dell'hotspot stesso.
Lampedusa è da sempre al centro dei riflettori e la visita del Ministro degli Interni con l'omologa Commissaria Europea prevista per martedì 4 luglio ne è dimostrazione. E' proprio qui che si gioca la partita per aggiudicarsi l'immagine della buona gestione dell' "emergenza migratoria". Far funzionare "l'ingranaggio Lampedusa" significa dare l'impressione di riuscire a gestire "l'emorragia del Mediterraneo centrale" come se fosse fenomeno inatteso o solo subito. Nella prospettiva del governo, la dichiarazione di emergenza e il commissariamento servono a oliare Lampedusa e spostare il problema altrove, negli altri hotspot della penisola o in improvvisati centri di accoglienza e preparare il terreno per più efficienti meccanismi di "clandestinizzazione" e/o di respingimento.
La giornata di giovedì 29, in cui sono arrivate più di 2000 persone la maggior parte su barche in ferro, è emblema da un lato del peggioramento della situazione in Tunisia. Infatti, con la criminalizzazione dei "subsahariani" esplosa dopo il discorso razzista del presidente Kaïs Saïed del 21 febbraio, migliaia di persone sono rimaste senza casa né lavoro in un ambiente di generalizzato odio razzista. E' in questo contesto che prendere il mare con precarie barche di ferro è una fra le poche possibilità per cercare libertà e sicurezza.
D'altra parte, fa emergere la tenacia e la forza con cui le persone continuano a decidere di attraversare le frontiere, anche a fronte della costruzione di confini sempre più pericolosi, controllati e "estesi".
Infine, dimostra come gli sforzi italiani ed europei per l'esternalizzazione del controllo frontaliero non riescano affatto a sigillare i confini, bensì precarizzino le condizioni di vita delle persone mettendole di fronte a scelte sempre più pericolose.
Nonostante il razzismo strutturale e la violenza alle frontiere, le persone continuano a mettersi in movimento e a sfidare la "Fortezza Europa" e noi siamo solidali con tutte loro, per la libertà di muoversi e di restare!
Foto collage: Cala Francese e i trasferimenti alla nave Cassiopea dal Molo Favaloro.