Fine luglio - 6 agosto 2023

08.08.2023

Sono 2412 le persone all'interno del centro di Contrada Imbriacola; le condizioni metereologiche, infatti, non permettono nessun collegamento con la penisola. Per lo stesso motivo gli ultimi giorni, a causa del forte maestrale e del mare molto agitato, con onde fino a 6 metri, sono state giornate di allerta; come scritto in un tweet da AlarmPhone: "Quello che temevamo e di cui avevamo avvertito si è avverato: sono emerse notizie di diversi naufragi avvenuti in condizioni meteorologiche terribili negli ultimi giorni. Oltre 90 le vite perse accertate, temiamo che siano molte di più".

Durante la giornata di domenica 6 agosto, le operazioni di soccorso che hanno coinvolto vigili del fuoco e guardia costiera, con assetti navali ed elicotteri, hanno portato in salvo 34 persone che erano rimaste bloccate sugli scogli di Ponente, a Lampedusa, per più di 30 ore, dalla notte di giovedì. Stando alle dichiarazioni ufficiali, il forte vento, la localizzazione impervia e il mare agitato non avevano reso possibile le operazioni di recupero fino a quel momento. Tre donne in condizioni molto gravi sono state trasferite immediatamente al poliambulatorio dell'isola.

Nel frattempo, tra Sfax e Lampedusa, ci sono stati 3 naufragi. Nella notte tra il 5 e il 6 agosto, una prima barca, con a bordo 48 persone, si è ribaltata. Solo 45 sono stati soccorsi, almeno 3 i dispersi, stando alle prime ricostruzioni. Per un secondo barchino in ferro, con 42 persone a bordo, tutte di origini subsahariane, il bilancio è ancora più nefasto: solo 14 sono sopravvissuti, mentre circa 30 sarebbero le persone scomparse.

Ancora più tragico è il risultato del naufragio al largo delle isole di Kerkennah, in Tunisia: ben 51 i dispersi e 4 i cadaveri recuperati. Secondo MiddleEast eyes, dall'inizio del 2023 fino al 20 luglio, al largo di Sfax sono stati recuperati ufficialmente almeno 901 corpi senza vita. Cifra approssimativa, alla quale bisogna aggiungere i corpi recuperati e non registrati, i corpi intercettati e lasciati in mare dalle autorità tunisine e italiane e i corpi mai recuperati.

Nella giornata di giovedì 3 agosto, giorno in cui erano previsti forti temporali e in cui AlarmPhone aveva diramato numerosi casi di allerta per imbarcazioni in pericolo in mare, tutte le attività sull'isola sono state limitate a causa di una crisi nel rifornimento di gasolio. Le stesse operazioni SAR della Guardia Costiera hanno subito il colpo della penuria di carburante dimostrando l'importanza della presenza in mare di barche civili come è stato il caso di Open Arms e Nadir. A quest'ultima è stato indicato di prendere a bordo le persone dal momento che nessuna CP sarebbe potuta intervenire data l'assenza di carburante. Una CP ha successivamente raggiunto la posizione in cui stavano avvenendo le operazioni e recuperato due donne incinte al nono mese, una delle quali ha partorito appena giunta al poliambulatorio dell'isola.
Le ragioni che spingono le persone a prendere il mare ferite o al nono mese di gravidanza sono riconducibili all'ancora attuale crisi razzista che percorre la Tunisia, entro cui migliaia di persone non tunisine e non bianche si trovano costrette a vivere. Durante gli scorsi giorni il Ministro degli Interni tunisino ha negato, contro ogni evidenza, le deportazioni verso il deserto libico, affermando che solo piccoli gruppi, tra le 6 e le 12 persone, sarebbero state respinte alla frontiera con Libia mentre provavano a entrare in Tunisia.

Le persone che sbarcano a Lampedusa arrivano in condizioni sanitarie gravi ed allarmanti; molti i casi di scabbia nonché di lesioni e traumi. Ci si domanda se l'hotspot sia un luogo adatto per trattare certe situazioni e che tipo di risorse vi siano per far fronte ai casi di traumi e fragilità psicologica, molto diffusi a causa degli abusi subiti sistematicamente dalle persone in viaggio. Le risorse sanitarie disponibili tra l'infermeria nell'hotspot e il Poliambulatorio dell'isola risultano spesso inadeguate a rispondere alle richieste.

L'hotspot resta un centro de facto chiuso in cui non è possibile uscire e che, soprattutto in momenti di sovraffollamento, si fa luogo e motivo di forti tensioni tra gruppi ed individui; soprattutto nei momenti in cui ci sono più di 2000 persone in un centro che dovrebbe poterne ospitare solo 389.


Molti, nelle ultime settimane, anche i tunisini e le tunisine che, "bruciando il mare", stanno raggiungendo l'altra sponda del mediterraneo. Giovani e anziani, uomini e donne, nuclei familiari: i profili delle persone che arrivano a Lampedusa raccontano della severa e profonda crisi sociale ed economica che sta attraversando la Tunisia ormai da mesi.
Nonostante le ragioni profonde di tali movimenti, la criminalizzazione della migrazione dei tunisini resta strutturale e i CPR l'istituzione principale con la quale l'Europa e l'Italia rispondono . I tunisini sono infatti la prima nazionalità tra i detenuti nei CPR e tra le persone deportate.
Lunedì 1 Agosto, 14 tunisini, con disposizione della Prefettura di Agrigento, sono stati trasferiti nel CPR di Gradisca di Isonzo ed il volo da Lampedusa a Trieste è stato effettuato con un Embraer F-HFCN della compagnia privata Thalair che mette a disposizione charters anche all'interno del progetto "go-to fly" e che garantisce voli diretti per l'isola per scopi turistici.

L'approccio securitario sembra essere il principale binario scelto dai governi europei per far fronte alla necessità di movimento delle persone; sull isola di LMP, dove già un quinto degli abitanti è composto da forze dell'ordine, è la previsione la riapertura di una stazione che prevede la presenza fissa di 42 agenti. Nessun passo, dunque, verso le richieste di smilitarizzazione portate avanti da alcuni abitanti e gruppi dell'isola.


L'aereo Embraer F-HFCN della compagnia Thalair

Nel frattempo, i barchini con cui vengono fatte le traversate, spesso trainati in porto vuoti dopo il soccorso (lasciarli in mare significa inquinamento ma anche pericolo per i naviganti e danno per i pescatori che vedono le proprie reti incagliarsi nei resti delle imbarcazioni calate a picco e invisibili) si accumulano al molo favaloro.

Il loro smaltimento - da anni una delle amare linee di tensione tra armatori, pescatori, autorità e migranti -, finora gestito in modo caotico, sembra forse vedere una svolta.

La prefettura avrebbe infatti individuato un luogo, "fuori dalla portata di residenti e turisti", per lo stoccaggio dei barchini ormeggiati al Favaloro con tanto di redistribuzione di carburante e motori alla marineria locale.

Così, invece degli sporadici contentini - sotto forma di risarcimenti per l'impatto sulle attività di pesca, o lo spostamento delle carcasse delle barche verso la Sicilia a bordo di chiatte - sembrerebbe potersi avviare una gestione meno emergenziale della questione. Vediamo come verrà messa in pratica.

Una delle chiatte che carica e trasporta verso la Sicilia le carcasse dei barchini abbandonati.