16-22 luglio 2023

24.07.2023

Trasferimenti da Lampedusa con la nave militare Cassiopea. I trasferimenti sono iniziati alle 12 e la nave è partita alle 16. Le persone sono state esposte al sole con le sole coperte termiche come protezione. Durante l'operazione diversi sono stati i casi di malore/svenimento.

La settimana scorsa Lampedusa è stata il punto di approdo di un notevole numero di persone per la maggior parte provenienti dalle coste tunisine. Gli arrivi massicci e la difficoltà di gestire il tutto come problema logistico, hanno mostrato come l'Hotspot è una forzatura sistemica, svelandone l'intento di mera gestione e contenimento di persone non bianche e senza documenti.

I trasferimenti dall'isola con il traghetto di linea verso Porto Empedocle, con la nave militare "Cassiopea", con il nuovo assetto della Guardia di Finanza, "OSUM", e con la nave della Guardia Costiera "Dattilo" non sono sufficienti a bilanciare il numero di arrivi e partenze; nella giornata di giovedì 20 luglio all'interno dell'hotspot vi erano all'incirca 4000 persone. Testimonianze dirette ci informano di una situazione di estrema precarietà dovuta ai limiti della struttura stessa: la Croce Rossa non riesce più a garantire un cambio di abiti per tutt*, l'acqua non è sufficiente o non si riesce a garantirne la costante distribuzione, l'elevato numero di persone in uno spazio così limitato rende strutturalmente impossibile garantirne la pulizia. Molte persone non hanno uno spazio o una brandina per dormire, e in alcuni casi addirittura l'ombra sotto gli alberi non è sufficiente per garantire un po' di riparo dalle ondate di afa che investono l'isola, come altre zone in Italia e nel Mediterraneo, in modo sempre più preoccupante.

Sebbene le camere dei giornalisti restino puntate al molo Favaloro – per gli arrivi, le cui immagini si vendono ancora - e al molo commerciale – per i trasferimenti –, la situazione all'interno dell'hotspot è estremamente critica. Accanto alle criticità logistiche e materiali, l'hotspot è attraversato da costanti tensioni tra persone e tra gruppi. In questo contesto, senza la possibilità di uscire, circa 400 persone dichiaratesi minori vive all'interno di questa struttura a tutti gli effetti detentiva da ormai più di 20 giorni. In tale scenario, emerge con forza anche l'evidente impossibilità di garantire spazi di non promiscuità (per donne e minori, per esempio) al suo interno.


Foto da dentro l'hotspot, dove migliaia di persone tentano di trovare posto almeno all'ombra degli alberi per ripararsi dal caldo infernale.

La narrazione dell'efficacia del sistema Hotspot di inizio giugno si è completamente sgretolata; nonostante la nuova, super -finanziata gestione della Croce Rossa, le dinamiche di questi giorni dimostrano come la costrizione e il controllo applicati ai progetti di migrazione delle persone non possono che risultare inadeguati e violenti. In questa situazione di sovraffollamento e forte coercizione, non vi è più spazio per le fondamentali informative legali alle persone appena arrivate. Quello che resta è la quintessenza di un meccanismo concepito per controllare e gestire, anche oltre i limiti della decenza.

Come è possibile restare in 4000 persone in uno spazio chiuso di pochi km quadrati se non in una struttura di potere razzista, in cui si afferma una gerarchia di vite ineguali?

Nei giorni scorsi varie persone recluse all'interno dell'hotspot sono riuscite ad uscire e a girare tra le vie del paese; di tutta risposta, il metodo di controllo che ha preso forma, come ormai in varie città d'Europa, è stato quello della profilazione razziale: poliziotti, guardia di finanza e carabinieri hanno costretto a tornare in Hotspot persone tunisine o nere senza che vi fosse nessun problema di ordine pubblico o reato commesso.

Tre giovani ragazzi pre identificati nell'hotspot sono stati fermati dalla Guardia di Finanza perché in giro per le strade del paese per comprare qualcosa da bere e mangiare diverso da quanto proposto in mensa.

Nel frattempo, parallelamente, il tentativo del governo di spostare il "problema Lampedusa" in Sicilia, pur non agendo in modo abbastanza efficiente da alleggerire Lampedusa, nei fatti sta trasferendo molte procedure e problematicità nell'isola di Trinacria.

Se l'angoscia di rendere efficiente il sistema di trasferimenti, tentativo che continua comunque a fallire, sembra rendere impossibile anche qualunque tipo di cura o valutazione profonda dello status di ogni individuo - spesso con violazioni radicali dei diritti di chi richiede asilo, separazioni di congiunti, abbandono di minori - d'altra parte entro il caos sembra possibile intravedere la tenacia della creatività delle persone in movimento.

Dopo quella del 2 luglio, il 18 luglio un'altra protesta ha preso infatti forma a Caltanissetta, tra le persone "ospiti" del CARA (Centro di accoglienza per Richiedenti Asilo) di Pian del Lago. La manifestazione (pacifica) partita dal centro ha raggiunto la Prefettura di Caltanissetta, dove una delegazione di richiedenti asilo hanno potuto parlare con alcuni poliziotti.
Tra le motivazioni della protesta c'erano le condizioni igieniche inaccettabili all'interno del centro, la mancanza di assistenza medica, la scarsa qualità del cibo e la non distribuzione del pocket money. Molte persone chiedevano anche che gli venisse data la possibilità di imparare la lingua italiana.

Non tanto diverso da quanto denunciato da altre persone in contatto con Maldusa e "ospiti" dell'hotspot di Reggio Calabria: una protesta si è accesa anche lì, contro le condizioni in cui sono costrette a vivere, in cui anche cibo e acqua scarseggiano.

Come Maldusa, vogliamo continuare a essere presenti sul territorio per poter amplificare le voci di chi protesta contro un sistema di detenzione arbitraria, coercizione e controllo, in cui non solo i desideri, gli interessi, le volontà delle persone in movimento, ma anche i diritti cosiddetti umani di base vengono costantemente ignorati o negati.

Ci impegniamo, parallelamente, a mettere in luce tutte quelle forme di resistenza che dal basso si oppongono al sistema europeo razzista di gestione dei confini, esclusione e vittimizzazione, per combattere insieme per la libertà di movimento di tutte e tutti!