Presenza in mare
Il Mar Mediterraneo è uno spazio conteso, abitato da una varietà di attori che lottano a favore o contro la libertà di movimento. Ogni giorno, le persone che attraversano il mare, le autorità che le sorvegliano e le abbandonano, le ONG che fanno ricerca e soccorrono, i pescatori e gli equipaggi delle navi mercantili - tutti questi attori - sfidano i confini o, volenti o nolenti, li rafforzano.
La maggior parte di ciò che accade nel Mar Mediterraneo è invisibile ai più, se non per i controlli aerei delle autorità.
Non solo vengono mantenute invisibili molteplici forme di violenza e violazioni, ma anche il destino di troppe persone che sono partite dalle coste africane e sono scomparse rimarrà sconosciuto.
Grazie agli sforzi e al coraggio delle persone che sopravvivono alla violenza di frontiera e delle organizzazioni della società civile, ci sono punti di visibilità della sistematica mancanza di assistenza da parte delle autorità dell'UE e delle azioni illegittime delle cosiddette guardie costiere di diversi paesi - come la Libia o la Tunisia, che non soccorrono le persone ma le respingono illegalmente da dove sono fuggite. Questo progetto di esternalizzazione e controllo delle frontiere, che prevede anche la fornitura diretta e la formazione di motovedette e personale costiero, è finanziato direttamente dall'Unione Europea e facilitato dalle operazioni di Frontex - l'Agenzia Europea della guardia di frontiera e costiera.
Al centro dell'attenzione non sono solo gli atti di violenza, tra morti in mare, cattura da parte delle autorità e abbandono, ma anche gli atti di solidarietà e soccorso da parte della flotta civile. Questa visibilità è cruciale per denunciare e infine smantellare il regime di frontiera.
È necessario anche per contestare l'opinione secondo cui coloro che attraversano le frontiere sono persone pericolose piuttosto che persone in pericolo.
Non solo: spesso si rischia di vedere le persone in movimento solo attraverso le lenti della vulnerabilità, come vittime impotenti, a volte senza vita, in attesa di essere salvate, e il cui destino (o: vita e morte) è in nelle mani delle autorità europee o dei salvatori civili. Le persone che attraversano le frontiere non iniziano a esistere quando sono in pericolo, quando stanno morendo, quando hanno bisogno di essere salvate o quando vengono soccorse. Questa vittimizzazione non riconosce la capacità delle persone di agire e di esistere al di fuori dello sguardo bianco degli attori europei, e può essere tanto disumanizzante quanto ritrarre le persone in movimento come pericolosi criminali.
Tali narrazioni continuano inoltre a parlare il linguaggio dell'emergenza e della crisi che dipingono la morte in mare e le violazioni dei diritti umani come accidentali ed eccezionali. Ciò depoliticizza la natura sistemica della violenza nella gestione delle frontiere, che viene scelta e progettata dalle autorità ogni singolo giorno. Poco si sa e si dice delle pratiche quotidiane di solidarietà da migrante a migrante, degli arrivi auto-organizzati e della capacità delle persone di attraversare le frontiere nonostante la repressione delle autorità, ma anche autonomamente dal salvataggio europeo.
Come mettere al centro l'autonomia delle persone che ogni giorno attraversano, trasgrediscono e sfidano i confini? Come portare un immaginario diverso e un linguaggio alternativo che non si concentri sul vittimismo e sull'emergenza?
Ovviamente non esiste una risposta giusta o una soluzione diretta a queste domande.
Uno dei modi in cui Maldusa collaborerà con altre organizzazioni e gruppi di migranti autoorganizzati cercando di proporre immaginari alternativi è anche quello di combinare la presenza in mare con la presenza a terra, su entrambe le sponde del Mar Mediterraneo. Ciò contribuirà a collocare l'atto della traversata, il momento dell'angoscia, l'arrivo o il salvataggio, all'interno di un quadro politico più ampio, nonché a contestualizzarlo all'interno delle storie e delle traiettorie della vita delle persone su entrambe le sponde del Mar Mediterraneo e oltre.
Con la sua presenza in mare, Maldusa cerca di sostenere le persone che potrebbero incontrare difficoltà nei loro viaggi e di facilitare il loro passaggio di fronte ai tentativi delle autorità di ostacolarne l'arrivo. I soccorsi saranno dispiegati quando necessario, ma il primo obiettivo è sostenere le forme esistenti di auto-organizzazione e solidarietà tra le comunità in movimento sulla terraferma e in mare.
La presenza di Maldusa in mare ha come obiettivo quello di intervenire per cambiare il contesto politico in cui si svolge l'"emergenza", facendo pressione per mobilitare i soccorsi delle autorità, denunciando violazioni e violenze e chiedendo l'apertura di vie legali di movimento.
Per farlo, Maldusa cerca di contro-mappare e contro-monitorare ciò che accade alla frontiera, ascoltando le persone che hanno vissuto la traversata, supportandole nel raccontare le proprie storie, amplificando le loro voci e le loro istanze.
In tal modo, Maldusa cerca di facilitare la libertà di movimento.